Chi è Roman Abramovich e perché secondo alcune fonti giornalistiche sarebbe una figura centrale nel tentativo di mediazione tra Kiev e Mosca. Se lo chiedono in tanti, forse anche i tifosi della squadra di calcio campione d’Europa, comprata per 60 milioni di sterline dal petroliere russo, trasformata in un top club e infine e messa in vendita negli ultimi giorni a causa delle sanzioni contro gli oligarchi. Se lo chiederà anche Antonio Conte, ultimo allenatore italiano vincente sulla panchina dei blues che proprio con la squadra londinese arrivò in tribunale per questioni contrattuali.
Adesso la Premier League lo squalifica e gli nega ogni profitto derivante dall’eventuale vendita del Chelsea (il patron aveva promesso di donare l’eventuale somma alle famiglie colpite dal conflitto), la Regina Elisabetta lo sfratta dalla villa di Kensington Palace (Roman pagava l’affitto del terreno sul quale è costruita la sua mega abitazione), la polizia portoghese indaga sulla cittadinanza europea ottenuta nel 2021 (secondo i pubblici ministeri avrebbe presentato documenti falsi per sfruttare una legge che naturalizzai discendenti degli ebrei sefarditi espulsi dalla penisola iberica durante l’inquisizione medievale), gli investimenti in hedge fund americani gli sono stati congelati (per evitare la vendita di alcuni suoi interessi) e il suo yatch da 600 milioni naviga per il mediterraneo in cerca di un porto sicuro. Un patrimonio di 13,8 miliardi di dollari (secondo Forbes) colpito nel giro di pochi giorni, dal momento in cui i carri armati russi hanno invaso il suolo ucraino azzerando i conti correnti e gli investimenti del magnate russo, considerato come l’uomo più ricco di Israele e il 113 a livello internazionale.
L’impero nascosto
Roman nasce da una famiglia di origini ebraiche nel 1966, dopo essere rimasto orfano vive un periodo con lo zio paterno e poi con un altro zio che viveva a Mosca. Frequenta l’istituto industriale di Uchta per essere arruolato in seguito nell’esercito sovietico. Alla fine degli anni 80’, grazia a una legge di Michail Gorbachev che permetteva la nascita di piccole e medie imprese, inizia la sua scalata economica al potere. Tra il 1992 e il 1994 fonda diverse aziende di import ed export specializzandosi nel settore del commercio del petrolio e dei suoi derivati, nel 1995 compra una quota di Sibneft per diverse decine di milioni di dollari assieme al padrino d’affari Boris Berezovskij. Nel 2002 rivenderà le quote di Sibneft a Gazprom per 13 miliardi di dollari. Sempre di quegli anni è il suo impegno politico che lo porterà a diventare governatore del circondario autonomo della Cukotka e dal 2008 al 2013 il presidente del parlamento della Cukotka.
Due misteri avvolgono la figura di Abramovich. Il primo riguarda il passaggio dallo status di piccolo commerciante di giocattoli a potente imprenditore legato alla figura di Boris Berezovsky e, tramite lui, di Boris Eltsin. Nel ’92 lo zio Leib, con il quale Roman è cresciuto, scompare dai radar russi e riappare come per magia lasciando in dote al nipote una bella eredità grazie alla compravendita di gas, petrolio e derivati. Il secondo mistero è legato invece alla presenza di Abramovich nel ’99 al Cremlino, allora Vladimir Putin era solo un giovane presidente, scelto da Eltsin per bloccare l’avanzata dei comunisti al governo. Putin deve arruolare in fretta i suoi ministri e Abramovich partecipa ai casting assieme al maestro Boris Berezovskij, che presto soppianterà sia a Mosca che a Londra circondandosi di ottime amicizie (come la figlia di Eltsin, Tatiana Umasheva, fondamentale nella sua ascesa al potere).
La perdita del 40% in borsa della sua ultima creatura, Evraz (compagnia che opera nel settore minerario) avrà convinto Abramovich a prendere un aereo e volare in Bielorussia, dove si svolgono i trattati di pace tra Mosca e Kiev. Non sappiamo a quale titolo Roman partecipi a questi incontri, forse per evitare che i suoi conti vengano bloccati dimostrando così a Boris Jhonson di essere impegnato per la pace, forse perché le comunità ebraiche di Mosca e Kiev vedono nella sua figura un punto di equilibrio e forse di mediazione in grado di garantire entrambe le parti. O forse ancora perché Israele vuole fare un tentativo per la pace con una persona amica degli ucraini e allo stesso tempo vicina a Vladimir Putin. Non sappiamo le ragioni che legano Abramovich alla sedia dei negoziati, potrebbe esser stato anche lo stesso Cremlino a volerlo al tavolo. Intanto tra gli oligarchi indipendenti, Abramovich è di certo quello più vicino allo Zar di Mosca, in grado di rappresentare un potere economico danneggiato all’indomani dell’invasione ucraina. Lo stesso Putin sa che gli oligarchi indipendenti, i vecchi rinnegati e quelli che hanno deciso di rimanere in patria opponendosi al regime hanno appiglio nella popolazione e potrebbero anche provare ad arrestare i suoi sogni di gloria. Per questo Abramovich serve a Mosca, per garantire gli oligarchi russi e all’Occidente che i negoziati siano l’unica arma vincente per rimediare alla guerra economica ed energetica che travolge gli uomini più potenti della Russia.