Elezioni australiane 2019

Le elezioni australiane del 2019, spiegate con i dati

Il 18 maggio 2019 in Australia si è votato per eleggere i membri della Camera dei rappresentanti e circa metà dei membri del Senato; durante questa tornata elettorale sono stati dunque assegnati 151 seggi per la camera bassa e 40 per la camera alta. Gli elettori australiani, obbligati per legge a votare, eleggono un solo candidato per collegio elettorale tramite il voto singolo trasferibile: sulla scheda elettorale i candidati vengono “classificati” dall’elettore in ordine di preferenza; se nessuno raggiunge la maggioranza assoluta si procede al turno successivo eliminando e redistribuendo i  voti dell’ultimo classificato secondo l’ordine di preferenza indicato.

Questo sistema elettorale è tipico, nelle sue varianti, dei paesi anglosassoni e l’Australia non fa eccezione.

I tre principali schieramenti nella politica australiana

Partito laburista (ALP) di centro-sinistra che propone un taglio alle tasse sui redditi inferiori a 48 mila dollari, una forte transizione ecologica dal carbone alle fonti rinnovabili, un aggiornamento delle norme sul salario minimo e sulla parità salariale, 6 miliardi di dollari per la sanità,15 miliardi a scuole materne, scuole pubbliche, università e istituti vocazionali e infine maggiore indipendenza rispetto agli Stati Uniti nonché ricerca del dialogo con la Cina.

Coalizione nazional-liberale di centro-destra composta dal Partito liberale e dal Partito nazionale i quali propongono un taglio delle tasse nei prossimi 10 anni per 158 miliardi di dollari, un’aliquota fissa al 30% per tutti i redditi compresi tra 40 mila e 200 mila dollari a partire dal 2024, una transizione ecologica più graduale e talvolta controversa, 4,6 miliardi di dollari alle scuole cattoliche e private, la chiusura delle frontiere marittime e il respingimento in mare della navi con centri di detenzione off-shore; in politica estera viene ribadita la forte alleanza con gli Stati Uniti in ottica anti-cinese.

Partito Verde, le cui posizioni sono generalmente più a sinistra del partito laburista. I verdi puntano infatti a una transizione ecologica immediata per un’economia realmente sostenibile dal punto di vista ambientale, sostengono la sanità pubblica e propongono maggiori diritti ai lavoratori, nonché il diritto alla casa per tutti.

Per chi hanno votato gli australiani?

Considerando solamente la camera bassa, interamente rinnovata durante queste elezioni, il Labour Party si è attestato al 33%, la Coalizione al 41%, i Verdi al 10% e gli altri candidati indipendenti al 14%. Scott Morrison, leader del centro-destra, ha conquistato 77 seggi (ne servivano 76 per la maggioranza assoluta) ed è dunque diventato primo ministro. Le semplici percentuali ci dicono però poco degli effettivi trend elettorali e di eventuali casi particolari durante quest’ultime elezioni. In questo caso intervengono dunque i dati composti dai risultati nel dettaglio, collegio per collegio, e dalla panoramica statistica disponibile sul sito dell’Australian Bureau of Statistics.

Per analizzare l’elettorato australiano è prima necessario fare una distinzione fondamentale tra tanti i collegi elettorali; quest’ultimi rappresentano circa 85 mila elettori ciascuno e vengono suddivisi dall’istituto di statistica in base alla conformazione urbana. Per intenderci, si hanno in ordine di grandezza decrescente di popolazione: collegi metropolitani centrali (zone 1), collegi metropolitani periferici (zone 2), collegi provinciali (zone 3) e collegi rurali (zone 4). Nelle prime due categorie si trovano dunque i collegi nelle grandi città quali Sydney, Canberra, Melbourne, Brisbane, Perth e così via. I collegi provinciali rappresentano le altre città all’interno dei singoli stati mentre i collegi rurali sono piccoli centri abitati, le comunità rurali, le cittadine isolate lontane da grandi centri abitati. Per comprendere il voto espresso dai singoli collegi è dunque necessario analizzare la composizione demografica delle città australiane, ed è qui che intervengono i dati dell’Australian Bureau of Statistics.

I due indicatori principali che prenderemo qui in considerazione sono l’età dell’elettorato e il reddito medio. Dalle tabelle fornite dal Bureau si vede subito che la conformazione di queste quattro aree è molto diversa: nelle zone metropolitane centrali, circa il 29% degli abitanti è un elettore Under 34 e in alcune zone come i collegi centrali di Melbourne o Sydney questa percentuale supera addirittura il 50%. La percentuale di elettori giovani cala all’allontanarsi dalle zone 1, fino a raggiungere il 19% nelle zone rurali. All’opposto, gli elettori più anziani ma ancora in età lavorativa (50-64 anni) rappresentano mediamente una fetta più importante della popolazione nelle zone rurali.

Per quanto riguarda il reddito, le aree metropolitane si trovano in testa con in media 1756 e 1561 dollari a settimana, mentre le aree provinciali e rurali sono molto più indietro con 1287 e 1214 dollari rispettivamente; il reddito medio settimanale a livello nazionale è di 1438 dollari, dunque a metà tra le prime e le ultime due zone.

Anche dal punto di vista occupazionale ci sono osservazioni da fare: nelle zone 1, che ricordiamo essere le più centrali e giovani d’Australia, i professionisti con istruzione universitaria rappresentano circa il 30% degli occupati totali; nelle zone 4 questa sono solo il 15,7% del totale. Contestualmente, i lavoratori manuali, gli operatori di macchinari e gli operai sono molto più presenti nelle zone 3 e 4.

Infine, in un paese fortemente multietnico come l’Australia è obbligatorio soffermarsi anche sulla diversità etnica dell’elettorato. Nelle zone 1 e 2 circa un terzo degli abitanti è nato all’estero (34% per la precisione), il 29% non parla inglese a casa e oltre il 10% è arrivato in Australia solamente dopo il 2006. La diversità etnica ma soprattutto culturale è palese nelle grandi città.

Cosa dicono i dati

I numeri ci dicono che le grandi città, in particolare le zone più centrali di esse, sono dunque abitate prevalentemente da Under 50 e da giovanissimi Under 34, molti dei quali hanno un grado d’istruzione elevato e svolgono lavori ben remunerati. Infine, il fattore da non sottovalutare è il melting pot che si forma unicamente nelle zone 1 e 2.

Nelle zone provinciali e rurali gli Over 50, tra cui soprattutto i pensionati, sono decisamente i più numerosi rispetto alla popolazione totale. Dal punto di vista occupazionale vi è una ridotta presenza di professionisti laureati (ingegneri, avvocati, medici e così via), compensata da lavoratori manuali nei settori edilizi, minerari, industriali e manifatturieri. Infine, la più grande discrepanza rispetto alle zone metropolitane risiede di stranieri: solo il 13,6% degli abitanti provinciali rurali è nato all’estero e solo il 3,9% è arrivato in Australia recentemente.

Osserviamo dunque caratteristiche demografiche simili a molte altre nazioni occidentali e possiamo dunque individuare due tipi di elettorato molto diversi: nelle grandi città vi sono molte persone con un grado di istruzione elevato, perlopiù giovani, con un reddito significativamente più alto rispetto alla media nazionale ed esposte a un’importante diversità culturale. Nelle zone provinciali e rurali vi abitano invece, tendenzialmente, persone con un grado di istruzione limitato agli studi superiori il cui reddito è mediamente inferiore alle grandi città e derivante da lavori perlopiù manuali. Da non sottovalutare infine che la diversità etnica è pressoché assente, si tratta dunque di un elettorato omogeneo da questo punto di vista. Ovviamente non si tratta di due elettorati perfettamente distinti e rappresentanti la totalità dei rispettivi collegi elettorali, ma i dati statistici individuano indubbiamente alcune caratteristiche più forti in alcune zone piuttosto che in altre.

Definito, a grandi linee, l’elettorato australiano e la sua suddivisione sul territorio, ci si può finalmente chiedere per chi abbiano votato gli australiani nello specifico. Il comportamento elettorale di queste quattro zone è immediatamente chiaro se guardiamo ai grafici che dividono i risultati elettorali per tipologia di collegio.

Percentuale di voti del Partito Laburista per suddivisione in zone.

La prima colonna di valori rappresenta i risultati nei collegi in zona 1, la seconda in zona 2 e così via. Si vede dunque che più ci si allontana dalla zona 1, dove il Labour ha avuto in media i risultati migliori, più i risultati elettorali peggiorano; se nelle zone 1 il Labour si è attestato mediamente poco sotto il 40%, nelle zone 4, quelle rurali, ha mediamente il 10% in meno.

Percentuali di voti della Coalition nazional-liberale per suddivisione in zone.

La Coalizione di centro-destra ha esattamente il trend opposto e la differenza tra zona 1 e zona 4 è meno marcata. Se nelle zone 1 la percentuale è simile al Labour Party (poco meno del 40%), all’allontanarsi dai centri metropolitani i risultati migliorano, a differenza dei laburisti.

Percentuale di voti del Partito dei Verdi per suddivisione in zone.

La tendenza dei Verdi è infine simile a quella dei Labour. Per quanto i risultati in termini assoluti non siano comparabili al centro-sinistra, i due trend basati sulla suddivisione geografica sono simili.

Per comprendere meglio il significato di questi grafici basti pensare che dei 32 collegi, dove il partito laburista ha preso più del 45%, ben 28 di sono metropolitani. Sostanzialmente, il Labour vince soprattutto nei collegi centrali delle grandi città e viene dunque votato perlopiù da giovani progressisti e mediamente ben istruiti. La diversità culturale che caratterizza i grandi centri abitati suggerisce inoltre che il Labour sia la scelta anche degli australiani di seconda generazione.

La coalizione di centro-destra ha vinto le elezioni grazie alla migliore distribuzione di risultati sul territorio: su 63 collegi con più del 45% ben 33 sono zone 1 e 2, dunque metropolitani. Ci si poteva aspettare che il centro-destra ottenesse risultati migliori nelle zone provinciali e rurali, anche se la vera forza della coalizione è stata pareggiare i risultati laburisti nei centri metropolitani. Il centro-destra è sicuramente il partito preferito zone rurali e provinciali, ma sarebbe sbagliato dire che ha vinto solamente grazie al voto degli australiani poco istruiti e di etnia bianca che popola tali zone. I risultati nei centri metropolitani smentiscono infatti questa ipotesi.

Infine, c’è da fare una piccola menzione ai Verdi: quest’ultimi hanno vinto un solo seggio alla Camera, nel centralissimo collegio di Melbourne, dove addirittura il 54,4% degli abitanti ha tra i 18 e i 34 anni; non è un caso infatti che i Verdi abbiano i migliori risultati elettorali nei collegi giovani. È interessante notare che in alcuni collegi metropolitani vinti dal centro-destra (Brisbane e Higgins, per esempio) i laburisti e i Verdi hanno ottenuto risultati del tutto simili, evidenziando una spaccatura dell’elettorato tendente a sinistra che se unito avrebbe avuto più voti della coalizione. Questa spaccatura in alcuni centri urbani ha comportato dunque una vittoria di misura del centro-destra.

Richmond, Hunter e Lingiari

Oltre i trend elettorali appena descritti vi sono alcuni casi particolari degni di nota, tra questi Richmond, Lingiari, e Hunter, tre collegi rurali dove però non ha vinto la coalizione di centro-destra. Indagare le particolarità e capire i motivi della sconfitta della coalizione in questi territori può essere utile al partito laburista per ripartire nei luoghi dove la sconfitta sembra ogni volta inevitabile.

Richmond è una collegio rurale nel Nuovo Galles del Sud, a nord di Sydney. Tra le cittadine al suo al interno vi è Ballina, che a seguito di un ridisegnamento dei confini elettorali è diventata preponderante all’interno del collegio di Richmond. Ballina è una città sulla costa fortemente condizionata dai cambiamenti climatici data la posizione sulla costa e il turismo balneare che attrae ogni anno. I residenti di Ballina sono forti sostenitori dei verdi e non è dunque un caso il collegio di Richmond, abbia di conseguenza espresso oltre il 20% di voti agli Australian Greens. Questo risultato è straordinario se consideriamo la media dei risultati dei verdi nelle zone rurali, Richmond con il suo 20% è stata un’assoluta eccezione all’interno della categoria rurale.

Lingiari è un altro collegio rurale apparentemente anomalo dal punto di vista elettorale, ma come vedremo anche dal punto di vista demografico. Qui, a ottenere risultati controcorrente rispetto ai trend elettorali, è stato il partito laburista con il 44%. Lingiari, per essere una zona rurale, ha un’altissima percentuale di under 35 (il 28,4%), spesso impiegata nella diffusa attività mineraria che caratterizza la zona. Il territorio è fortemente dispersivo, le numerose comunità locali aborigene (che sono il 40% della popolazione totale, una percentuale altissima se consideriamo il 2,8% a livello nazionale) sono distanti dai servizi essenziali e devono fare affidamento alla presenza di ingenti fondi pubblici, fondamentali per la vita in questo collegio. La presenza di comunità aborigene e la necessità di forti aiuti statali per i giovani fanno sì che Lingiari sia una roccaforte laburista. Nonostante venga considerata una zona rurale, si intuisce subito che Lingiari è profondamente diversa dalla tipica comunità rurale australiana. Il fattore principale è indubbiamente la presenza aborigena, che a quanto pare non vede di buon occhio la coalizione di centro-destra, il cui elettorato è principalmente di etnia caucasica.

Hunter è un altro collegio rurale dove la coalizione di centro-destra è andata male e ha registrato solamente il 23% (risultato rurale più basso in assoluto). La spiegazione dietro la vittoria dei laburisti è da attribuirsi a Joel Fitzgibbon, figlio di Eric Fitzgibbon, quest’ultimo eletto ininterrottamente nel collegio di Hunter per i laburisti dall’84 al ’96. Il punto interessante non è, come potrebbe sembrare, la tradizione familiare del collegio di Hunter, ma la posizione di Joel sulle miniere di carbone e sulla classe operaia, due elementi fondamentali del territorio. Joel Fitzgibbon crede che la classe operaia sia stata ormai dimenticata dai laburisti in favore degli elettori nelle grandi metropoli e ha incentrato invece la sua campagna elettorale, in contrasto con il proprio partito, sul “suo” collegio rurale, operaio e di sinistra. Guardando ai risultati elettorali non sembra, l’accusa del politico australiano, essere completamente infondata e anzi potrebbe rappresentare un suggerimento per migliorare laddove il partito laburista chiaramente arranca.

Che il successo di Joel Fitgibbon nel collegio rurale di Hunter possa essere una delle chiavi per la rinascita del partito laburista nelle zone rurali, sempre che quest’ultimo abbia ancora intenzione di parlare a quella determinata tipologia di persone? Può, il partito laburista australiano, ma il centro-sinistra in generale, coniugare i desideri dell’elettorato giovane delle grandi metropoli e le lotte dei lavoratori nei quartieri meno abbienti? In queste ultime elezioni non si è certamente arrivati a una sintesi, e la coalizione guidata da Scott Morrison ne ha approfittato vincendo la maggioranza assoluta dei seggi in palio.

Hanno lavorato all’analisi dei dati e alla scrittura dell’articolo:

Antonio Caputo e Jiachuan Xu

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