“OJ e Emerald gestiscono insieme al padre Otis un ranch di famiglia. Quando il genitore muore, colpito da un nichelino caduto inspiegabilmente dal cielo, i due ereditano la proprietà: mentre cercano di preservare l’attività di famiglia, iniziano ad avvertire delle misteriose presenze che sembrano provenire direttamente dal cielo sopra la loro abitazione…“
1878: Eadweard Muybridge realizza quello che è forse il primo esperimento fotografico di “immagine in movimento”, che anticipa di qualche anno l’invenzione del cinema, ovvero “Sallie Gardner at a Gallop” (conosciuto anche come “The Horse in Motion“), in cui una serie di fotografie scattate in rapida successione mostravano un cavallo al galoppo. Il fantino in groppa era un afroamericano, ma a differenza del fotografo e del cavallo, nessuno si ricorda il suo nome…
1998: Durante le riprese della sitcom “Gordy’s Home“, lo scimpanzè protagonista impazzisce e in pochi minuti aggredisce quasi tutti i membri del cast, con una furia omicida incontrollata. L’unico che rimane del tutto illeso è un bambino di origini asiatiche, Ricky “Jupe” Park (Steven Yeun), che poco prima che la scimmia venga abbattuta dalla polizia, riesce quasi a tendere la mano allo stesso Gordy…
2022: Dopo la misteriosa morte del padre, ucciso da un quarto di dollaro piovuto dal cielo (!), i fratelli OJ e Emerald Haywood (Daniel Kaluuya e Keke Palmer) gestiscono un allevamento di cavalli, ma si accorgono ben presto che in cielo c’è qualcosa di molto strano, un UFO che a quanto pare è rintanato nella loro zona…
Questi tre eventi, apparentemente distanti tra loro sia a livello temporale che spaziale, in Nope, terzo lungometraggio del regista afroamericano Jordan Peele, sono in realtà tutti collegati tra loro: i due fratelli Haywood che gestiscono il ranch sono lontani discendenti proprio di quel fantino che più di cento anni fa era al galoppo del cavallo Sallie in “The Horse in Motion“, mentre Ricky, dopo essere scampato alla morte vent’anni prima sul set di “Gordy’s Home“, gestisce un luna park a tema western in mezzo al deserto, il “Jupiter’s Claim“, ed OJ Haywood, a causa dei problemi finanziari in cui versa il ranch di famiglia, è costretto a vendere i suoi cavalli proprio a “Jupe” Park. Un destino apparentemente segnato, sino a quando il misterioso e inquietante UFO non deciderà di apparire nelle vite dei protagonisti, rappresentando al tempo stesso un pericolo ma anche una grossa opportunità economica da sfruttare…
In Nope l’essere umano, la specie dominante del pianeta, non si trova più in cima alla catena alimentare, ed è bastato che dallo spazio profondo arrivasse un alieno che pare uscito da un racconto di H.P. Lovecraft per ribaltare una gerarchia che durava da millenni: si perchè quell’UFO non è ciò che sembra, ovvero il classico disco volante iper-tecnologico ormai entrato nell’immaginario collettivo, ma un vero e proprio animale super-predatore, e questo è già un ottimo punto a favore per la pellicola di Peele, che ribalta lo stereotipo del disco volante come mai nessuno aveva fatto sino ad ora.
Quando l’umanità (qui rappresentata da una piccola comunità in un deserto) finisce improvvisamente in una condizione di inferiorità rispetto a qualcuno più potente di essa, è costretta a dover adottare delle strategie di sopravvivenza mai rispolverate anch’esse da millenni per salvarsi la pelle, ad esempio il non guardare negli occhi l’alieno, cercando di ignorarlo, cosa che di solito si fa per sfuggire ad animali pericolosi come gli orsi, come viene detto anche da OJ Haywood nel film.
E il paradosso del film è proprio questo: un UFO che non solo NON si può osservare (pena l’essere divorati), ma non si può neanche filmare, almeno non con i moderni mezzi digitali, perchè ogni volta che l’alieno passa, i telefoni e le videocamere cessano di funzionare. Per una società come quella contemporanea votata alla ricerca dell’immagine perfetta, amplificata dalla bolla dei social network, non essere in grado di filmare un qualcosa di così eccezionale è un duro colpo da digerire, ma i nostri pur di essere ospitati nello show di Oprah Winfrey e cercare lo scoop del secolo sono disposti a tutto, anche se questo potrebbe costargli la vita…
Apparentemente Nope è un lavoro meno “politico” delle due precedenti opere di Peele, “Scappa-Get Out” (2017) e “Noi” (2019), che parlavano più che esplicitamente di problematiche sociali come il razzismo e il classismo, ma in realtà anche il suo ultimo film non è soltanto una bella storia a tema alieni anzi…
Come dichiarato dal regista stesso il film parla “del mondo dello spettacolo, della nostra dipendenza da esso, la nostra dipendenza senza speranza (…)“, e questo è evidente nel parallelismo con ciò che accade agli animali presenti in scena, dalla scimmia ai cavalli comprendendo anche l’UFO, tutte “vittime” dell’ossessiva ricerca dello spettacolo da parte dell’uomo, che finiscono poi per “ribellarsi” ad esso: lo scimpanzè Gordy provocando una quasi strage sul set della “sua” sitcom; uno dei cavalli dei fratelli Haywood che “rifiuta” di farsi fotografare durante le riprese di uno spot, reagendo con violenza e infine l’alieno che, come detto, non si può guardare, riprendere e fotografare, cosa che Ricky “Jupe” paga con la vita (insieme al pubblico del suo luna park), avendo avuto la non certo brillante idea di voler attirare il mostro al suo show nel deserto, oltre ai già menzionati nostri protagonisti che vogliono andare da Oprah con le prove definitive sulla vita extra-terrestre. Per il suo modo, mai serioso e sempre divertito, di ragionare sulla società dello spettacolo contemporanea, il film di Peele sarebbe anche potuto piacere a Guy Debord.
Ci sono altri due spunti di riflessione geniali in Nope: il primo riguarda il ribaltamento iconografico che Peele fa del Western, genere a cui il film si rifà soprattutto nella seconda parte, sfruttando due tòpoi come l’ambientazione desertica e la figura del cowboy a cavallo, quest’ultima assunta da OJ nel “duello” finale col mostro alieno, ed è emblematica in tal senso proprio l’ultima inquadratura della pellicola, in cui proprio OJ si staglia in posa sul suo cavallo. Peele si appropria dell’immaginario del West, associato ovviamente a figure maschili bianche “senza macchia e senza paura”, per riscriverlo mettendoci un giovane afroamericano improvvisatosi cowboy per necessità di sopravvivenza. Dichiarazione politica, seppur messa in scena con sottile ironia.
Il secondo, e più interessante, spunto riguarda il “gioco metacinematografico” all’interno del film: non è forse un caso che l’unico modo per filmare e fotografare l’alieno senza che il proprio mezzo smetta di funzionare è proprio usando strumenti del “passato” come videocamere a pellicola e fotografie artigianali?. Anche questa è pur sempre una scelta politica (schierarsi nel dibattito tra il digitale e l’analogico), ma sempre rappresentata con la solita vena ironica (Peele prima di diventare cineasta, era proprio un attore comico). Tra l’altro Nope è il primo film di genere horror (seppur in realtà abbia maggiori elementi provenienti dalla fantascienza e dal western, ndr) ad essere girato interamente nel formato IMAX, segno che comunque Peele prima ancora di essere un “teorico” è soprattutto uno sperimentatore, anch’egli alla ricerca delle “riprese perfette”.
Blockbuster sicuramente ambizioso, ma che riesce, al di là dei sottotesti politico/culturali, nella non scontata impresa di intrattenere per tutta la sua durata, grazie ad riuscitissimo mix di tensione, avventura, ironia e dramma che non prevalgono mai l’uno sopra l’altro, ma sono tutti sempre ben dosati da un Jordan Peele, che dimostra già alla sua terza pellicola di essere ormai una garanzia di qualità. Il suo Nope è un film intelligente e divertente, di quelli che si vedono ormai sempre meno oggi, in un mainstream cinematografico dominato per la stragrande maggioranza da cinecomics e remake/reboot/sequel/spin-off di vecchie opere: qualcuno che ad Hollywood ha ancora idee fresche e originali per fortuna ancora c’è.