Nel 1945, il filosofo Karl Popper ne “La società aperta e i suoi nemici” scriveva:
“Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi.”
Il concetto appena espresso si riferisce al cosiddetto paradosso della tolleranza, secondo cui la sopravvivenza di una società aperta e tollerante passa necessariamente attraverso l’intolleranza nei confronti dell’intolleranza stessa.
E di intolleranza, in effetti, se ne sta parlando sempre più spesso nel nostro Paese, complici gli eventi delle ultime settimane, caratterizzate da un susseguirsi di proteste in tutta Italia. Quest’ultime, seppur afferenti ad ambiti molto diversi tra loro, sono tutte accumunate da almeno due fattori: la manifestazione di un dissenso attraverso la protesta o la contestazione e la reazione che tale dissenso provoca nell’opinione pubblica. Ma andiamo con ordine.
Hai protestato contro l’emergenza climatica ? Adesso spala…
Da un anno a questa parte, quando si parla di proteste, un nome in particolare viene subito alla mente: Ultima Generazione. Il collettivo, che fa parte della rete internazionale di campagne di disobbedienza civile A22, è balzato agli onori della cronaca per le loro azioni di protesta, che vanno dall’imbrattare monumenti noti del patrimonio nostrano (come Palazzo Vecchio a Firenze e Fontana di Trevi a Roma) al bloccare il traffico di molte città italiane. L’intento dichiarato è quello di portare all’attenzione dell’opinione pubblica le cause del collasso ecoclimatico, sottolineando le responsabilità dei governi che, nonostante la crisi climatica, continuano a non attuare le dovute precauzioni.
Con le sue azioni U.G. è riuscita a far parlare di sé, sia nel bene che nel male: molti i sostenitori, altrettanti i detrattori, quest’ultimi uniti al motto di “non è questo il modo di protestare”. Verrebbe da chiedersi quale sia il modo “corretto” di portare avanti azioni di disobbedienza civile che, per loro stessa definizione, trovano ragion d’essere nel porsi come eventi di rottura nello schema dell’ordinario, ma in questa sede sarà più utile constatare ancora una volta che “quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”.
Nondimeno, chi ancora non capisce – o non vuole capire – lo scopo delle azioni di U.G., cela, nel migliore dei casi, l’intolleranza tipica di chi, avendo paura di reagire, rimane fermo a guardare, quando non un paternalismo esagerato e giudicante verso “questi giovani che non hanno voglia di lavorare”.
Nemmeno Enrico Mentana è sfuggito alla sufficienza e al pressappochismo con cui si giudicano negativamente le azioni dei suddetti movimenti di protesta. Venerdì sera, riferendosi alle alluvioni che hanno colpito l’Emilia Romagna, il noto giornalista scriveva sulla sua pagina Facebook: “Che occasione avevano i militanti di Ultima Generazione e di Extinction Rebellion, … se avessero fatto come gli Angeli del fango che quasi sessant’anni fa, … si ritrovarono in poche ore a Firenze, venendo da tutta Italia, per dare una mano a spalare fango, a aiutare chi ne aveva bisogno, a salvare mille opere d’arte e oggetti e libri di inestimabile valore subito dopo l’alluvione del 1966. Dài ragazzi che siete ancora in tempo, meno tangenziali occupate, meno monumenti imbrattati, meno comparsate tv e più sana, ma faticosa, militanza”.
A parte l’uso improprio del termine militanza, che poco si confà a delle operazioni di soccorso, non è dato sapere neanche per quale motivo dovrebbero essere proprio degli attivisti che lottano per la giustizia climatica ad accorrere in Emilia, e non, piuttosto, i tanti negazionisti che spopolano nei salotti e nelle televisioni di mezza Italia, compresa l’emittente per cui Mentana è direttore del tg.
O meglio, il motivo c’è, ma è sottointeso: gli attivisti in questione devono farsi perdonare per le modalità con cui hanno protestato a favore di interventi seri sul clima. Di nuovo, il dito e non la luna.
Affitti sempre più alti, la colpa è degli studenti
Di diversa natura sono, invece, le proteste che si stanno diffondendo in molte città d’Italia contro l’impennata dei prezzi degli affitti, organizzate da studenti universitari e giovani lavoratori. Proprio loro hanno deciso di installarsi in decine di tende davanti le sedi delle principali università italiane; ahimè, pur avendo ricevuto il plauso di gran parte della popolazione, nemmeno loro sono stati risparmiati da critiche e polemiche.
Secondo Luigi Brugnano, attuale sindaco di Venezia, infatti “non meriti di diventare laureato, perché se ti fai fregare 700 euro per un posto letto non meriti di diventare classe dirigente”.
Ovviamente, anche in questo caso, la colpa non è di chi probabilmente chiede 700 euro per un sottoscala, bensì dello studente di turno che avanza pretese e velleità quali l’avere un tetto sopra la testa dopo aver passato la propria giornata in facoltà o sui libri o, peggio ancora, lavorando per pagarsi parte di quell’affitto. E a nulla servirebbe soffermarsi sull’utilizzo sbagliato del concetto di merito, che, sempre più spesso, diventa lo strumento preferito dell’élitè per giustificare le peggiori disuguaglianze, lasciando indietro chi non ce la fa e attribuendogli pure le colpe dei rispettivi fallimenti.
Ricordate cosa si diceva poco fa sul dito e sulla luna? …
La protesta arriva al Salone del Libro
Arriviamo infine all’evento più recente, andato in scena sabato 20 maggio al Salone del Libro di Torino. I protagonisti della vicenda questa volta sono l’onorevole Eugenia Roccella, neoministra per le pari opportunità e la famiglia, e alcune attiviste dei collettivi Extinction Rebellion e Non una di meno.
La ministra ha raggiunto il Salone per presentare la sua ultima fatica letteraria, dal titolo “Una famiglia radicale”, avendo a sua disposizione palco e moderatori. Ciò che non si aspettava di ricevere, invece, sono state le contestazioni degli astanti, che hanno di fatto impedito alla ministra di terminare la propria presentazione.
Anche in questo caso c’è stata una forte reazione da parte dell’opinione pubblica, spaccata tra chi difende la libertà di espressione della ministra e chi, invece, fa notare che le opinioni più volte espresse da Roccella non siano delle semplici “riflessioni” ma vere e proprie esternazioni intolleranti, molto spesso false, nonché pericolose e quindi perfette per essere contestate -ricordiamo, per dovere di cronaca, che secondo la ministra infatti, la legge 194 sull’aborto, purtroppo, è un diritto, o ancora che non è vero che i medici obiettori costituiscono un ostacolo per le donne che vogliono abortire- .
È curioso notare come chi difende a spada tratta la ministra, parlando delle contestazioni come addirittura di una vera e propria violenza, non colga la disparità di potere (mediatico e politico) tra Roccella e le attiviste; basterebbe già questo a ridimensionare la polemica, ma, in maniera del tutto arbitraria, tale elemento viene eliminato dall’equazione che vede l’onorevole come la vittima e i contestatori come carnefici. C’è stato anche chi ha completamente ignorato le motivazioni che stanno alla base della contestazione stessa, etichettando come fascisti (tra tutti, Matteo Renzi che, citando male Pasolini, ha parlato di fascismo degli antifascisti) chi di fatto sta esprimendo il proprio dissenso verso posizioni che mettono a repentaglio l’esistenza di alcuni diritti e, per estensione, la vita di tutte quelle persone che dipendono proprio dal riconoscimento di questi ultimi.
Perché dovremmo accettare il dissenso altrui
Le azioni di protesta e, più in generale, le manifestazioni di dissenso, non potranno mai mettere d’accordo tutti, altrimenti fallirebbero immediatamente il proprio scopo. Eppure, gli eventi appena esposti, nonché le rispettive reazioni, ci restituiscono un’immagine che va oltre il semplice disappunto verso questa o quell’altra causa. A seguito delle azioni di Ultima Generazione, della manifestazione degli studenti contro il caro affitti e delle contestazioni al Salone del Libro verso l’onorevole Roccella, quasi mai si sono messe in discussione le motivazioni dietro a queste proteste. Piuttosto, ad essere discussa è stata la possibilità stessa (qualcuno direbbe anche il diritto) di adire ad azioni di questo tipo. Pare che si stia cominciando a dimenticare che il dissenso, la diversità di opinioni e il diritto a farle valere, nei limiti della legalità e della non violenza, sono il sale di una democrazia che riesce a fare il suo dovere. Un sistema democratico non è tale solo perché utile a rappresentare i diversi strati di una società, ma anche perché fa della pluralità di voci e opinioni il suo punto di forza, concedendo a tutti gli stessi mezzi e le stesse possibilità di confronto e discussione. In questo senso, invalidare un’istanza concentrandosi solo ed esclusivamente sul metodo, ignorandone strumentalmente le cause, è quanto di più antidemocratico possa esistere.
Farebbe bene ricordare ai tanti che preferiscono scagliarsi contro i modi, scegliendo biecamente di ignorare le motivazioni che portano un gruppo sociale a manifestare, che molti dei diritti di cui godono oggi non sono stati ottenuti lavorando al punto croce. E così, come non ricordare le lotte femministe di inizio ‘900, quelle famose suffragette che, pur di conquistarsi il diritto al voto, lottarono dapprima con comizi e manifestazioni pubbliche, per poi approdare, inascoltate, alla lotta aperta, tanto da dichiarare nel 1912 la “Guerra delle vetrine”, prendendo a sassate ogni negozio londinese e incendiando diversi edifici pubblici. Il resto sappiamo tutti com’è andato.
Dovremmo forse cercare di capire che certi spazi vanno ancora reclamati e conquistati; difronte l’eccesso di potere e le disuguaglianze, la protesta non violenta, ad oggi, rimane lo strumento migliore, poiché in grado di smuovere le coscienze dormienti di una crescente parte della nostra società. E magari, un giorno, molti capiranno che reclamare e difendere il diritto alla casa, all’aborto o a un ambiente più salubre, è più simile al carbone vegetale o a una tenda difronte la Sapienza, piuttosto che a un vestito Dior che sfila sulle scale di Sanremo chiedendoti di “pensarti libera”.
Di Federico Comitini
Una risposta
Bellissima riflessione che condivido.👍